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3. Introduzione - Perché l'ironia

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Messaggio Da Admin - AnnaGarofalo Gio Apr 03, 2008 12:47 am

Il mondo ha molto da temere da scrittori tristi e da filosofi pessimisti.
K.R. POPPER

Wittgenstein ha detto che si può scrivere un libro di filosofia fatto esclusivamente di battute spiritose: una sorta di Zelig filosofico impregnato di senso dell'umorismo. Se l'ha detto lui, dev'essere vero: era il tipo più triste che abbia mai calcato il territorio dell'intero panorama filosofico (se vi capita,
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osservatelo in foto!); una predisposizione presumibilmente ereditaria la sua, giacché nella famiglia Wittgenstein, mancava poco che si fosse suicidato anche il gatto. Come avrete pertanto intuito, non è detto che il senso dell'umorismo vada necessariamente nell'ordine del senso. Tutt'altro. L'umorismo è prevalentemente una sorta di augurio per chi intenda mettersi in moto: una specie di bombola d'ossigeno che serve ad alleggerire la pressione e a rendere più piacevole il tragitto. Tuttavia, bisogna fare attenzione a non abusarne e a non perdersi nel vortice euforizzante delle sue interpretazioni, perché l'umorismo parte dal "senso" per arrivare al "non senso". Come succede a volte in filosofia. Che come l'umorismo è sinonimo di demolizione, organizzazione e ricostruzione del senso. Una battuta, infatti, la si capisce quando si comprende il suo riferimento: quando si afferra il senso, diciamo comunemente. Tuttavia il "senso", in filosofia, non è sempre facile da afferrare e il motivo è piuttosto logico: se le cose della vita fossero semplici e facilmente comprensibili, non ci sarebbe nessun bisogno di fare filosofia. E lampante.
E conseguentemente ci sarebbe anche ben poco da ridere. Perché la voglia di ridere nasce dal fatto che le cose che ci circondano, sono spesso imprevedibili e bizzarre. La filosofia nasce dallo stesso presupposto. Ecco un esempio: il riso è ciò che permette all'uomo di ritrovare la leggerezza dell'Essere, non è così? E non è forse alla ricerca dell'Essere, che è andata la gran parte dei filosofi del Novecento?
E, pur tuttavia, in questo libro non troverete esilaranti carnet di battute e di storielline avvincenti. Perché? Perché io credo che quantità eccessive di umorismo nuocciano alla comprensione del significato e finiscano per sostituirsi totalmente a esso. Troverete invece molti motti di spirito, aforismi fulminei, associazioni avventate, sentenze brevi, condensati di verità pratiche che si distinguono dalla battuta, oltreché per lo smodato uso del paradosso, per la portata "rivelativa" del contenuto, che, veicolato dall'essenzialità della parola, aspira a diventare una "piccola forma d'eternità", come di-
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ceva Nietzsche, maestro di aforismi. Il mio è stato dunque il tentativo di raccontare, in brevi capitoli e snelle proposizioni, quello che spesso si racconta in più libri. Cercando in questo modo di trasmettere il giusto spirito della filosofia, che io ritengo sia quello di procurare un po' di sana ginnastica alla mente e allo spirito e di cancellare una volta per tutte la diffusa illusione che leggere di filosofia voglia dire impossessarsi della chiave per avere accesso alla "porta della saggezza". Che è una solenne stupidaggine. La filosofia non può far altro che provocare riflessioni. Questo è il suo vero compito. Riflessioni che a volte non sono facili da comprendere. Neppure per noi. E che, una volta comprese, non sono facili da accettare. E una volta accettate, non sono facili da mettere in pratica. E una volta messe in pratica, non sono facili da controllare. Che ci piaccia o no. La filosofia è una disciplina scomoda, una gatta che non fa sempre le fusa, un'innamorata inafferrabile, che va amata, seguita, compresa e, se ci si riesce, domata. E che, più è domata, più diventa scomoda: per-ché ci mette davanti alle nostre più profonde convinzioni e alle responsabilità a esse collegate. E Dio solo sa (beato Lui!), in questo preciso momento storico, quanto ci sia bisogno di "etica". Nelle sue forme più moderne e composite: e cioè quelle della dietetica, della chirurgia estetica e della forma atletica. Come avrebbe detto Wittgenstein, se fosse stato un tantino "meno" spiritoso. Buona lettura.
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