Caffè Filosofico
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Cap. 12. I Falsificazionisti (I parag.)

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Messaggio Da Admin - AnnaGarofalo Gio Apr 03, 2008 1:16 am

Sono un gruppo di pensatori che, per quanto possa sembrare assurdo (ma arrivati a questo punto della Storia, che cosa più non lo è?), deriva antiteticamente il suo nome dal "principio di verificazione", metodo proposto a suo tempo da un gruppo di filosofi-scienziati, noti come Circolo di Vienna, che afferma-vano che, nel corso della nostra esistenza, bisogna ritenere attendibili solo i concetti che possono essere provati attraverso verifiche rigorose.
L'appello alle evidenze degli esperimenti si candida così a fine anni '30 come unico metodo possibile per attuare un valido principio di selezione tra le teorie scientifiche e quelle pseudoscientifiche, basate su ipotesi suggestive ma non suffragate da alcuna verifica. Le affermazioni che non possono essere sperimentate vengono pertanto dichiarate meringate, bambaccionate, minchionerie, appellativi che, secondo i fanatici "verificazioniiti" del Circolo di Vienna, possono tranquillamente riferirsi anche ai bimillenari sostenitori del pensiero metafisico e cioè ai vari Platone, Aristotele, sant'Agostino ecc., ossia ai massimi pensatori della storia della filosofia. Affermazione questa che pone l'accento su di un problema fondamentale per una persona che è arrivata alla lettura di circa 400 pagine di un libro dedicato all'argomento in questione: ma che cos'è dunque la filosofia? Può venire considerata una disciplina prescientifica, scientifica o pseudo-scientifica?
Le teorie scientifiche, per essere considerate tali, devono in quegli anni nascere da un processo costituito da tre mo-
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menti: quello della creazione di una tesi; quello della sua verifica, con acquisizione del nuovo risultato raggiunto; e infine la messa a confronto di questo risultato con i dati ni­ziali, per cercare conferma che la teoria sia stata testata rettamente. Questi accorgimenti tuttavia non mettono le scienze al riparo, negli anni a venire, da castronerie inim­maginabili che di volta in volta cercano di dimostrare come siano da considerare scientificamente accertati "gli effetti indesiderati della marmellata di lamponi sulla rotazione ter­restre" o "le virtù terapeutiche del profumo alla vaniglia con­tro la formazione delle trombe d'aria". Senza contare che, in questo modo, le poche leggi di natura che ormai diamo per scontate, come la legge di gravitazione universale o il prin­cipio d'inerzia, risulterebbero prive di senso, poiché non pos­sono venire verificate secondo quei principi. E allora? Queste e altre sconvolgenti rivelazioni, oltre ad attentare alla metodologia di alcune cosiddette "verifiche scientifiche", con­tribuiscono a fornire un'immagine distorta della validità dei principi riconducibili alla scienza e anche alla filosofia. Sino a quando, a metà degli anni '50, un bizzarro filosofo dal nome di un euforizzante chimico, dalla faccia bonaria ma dalla lo­gica stringente, tale Karl Raymund Popper, nativo di Vienna ma inglese di adozione, si prefigge di attaccare "il principio di verificazione", assumendo di fronte a ogni rumoroso sbandie­ramento di una nuova teoria scientifica, la posizione del por­cospino in fase d'attacco. Egli infatti sostiene che la distin­zione tra teorie scientifiche e quelle che non lo sono non risiederebbe nella quantità di prove adducibili a sostegno, bensì in quelle adducibili a smentita.
A corollario delle sue teorie, quello che più tardi verrà chiamato "il Falsario di Vienna" aggiunge che il principio di verificazione non può essere giudicato attendibile, poiché ogni teoria può produrre una serie infinita di conseguenze che in molti casi non basterebbero più vite a controllare, col risultato che i criteri di verifiche parziali potrebbero non portare mai a certezze definitive: `L'osservazione di un gran numero
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di cigni bianchi, ad esempio, non potrà mai darci la certezza che tutti i cigni siano bianchi". Quindi propone di sostituire il poco scientifico "principio di verificazione" con un metodo più aperto e ammissibile, che chiama principio di falsificazione, e che si ripropone di dimostrare le condizioni di “falsificabilità”di una teoria, attraverso tutti quegli esperimenti che, se provati, potrebbero eventualmente smentirla. Il che significa che, secondo il filosofo austriaco naturalizzato britannico, si possono catalogare come scientifiche quelle teorie che possono venire dapprima dimostrate e poi confutate dai fatti e che pertanto lo scopo di uno scienziato (e di un filosofo) deve essere quello di mettere alla prova, attraverso test severi, ogni ipotesi.
Una qualsiasi teoria scientifica (e anche filosofica), infatti, non può che reggersi sul continuo alternarsi di affermazioni e confutazioni, poiché la conoscenza dell'essere umano non può mai aspirare a una stabilità definitiva. E quello che ci circonda ne è la prova tangibile. Così dicendo Popper si allinea idealmente sulle posizioni del grande Einstein che diceva: "Se vuoi diventare un vero scienziato, pensa mezz'ora al giorno in maniera diversa dai tuoi colleghi, immagina le cose più impossibili e vedrai che ce la farai". Come a dire che in questo mondo, unica cosa che “c'è di certo” è la possibilità di dimostrare che "tutto sia falso”. Non c'era davvero una corrente e un pensatore migliore, per concludere una galoppata filosofica, durata quasi 2500 anni.
A voi adesso decidere come e chi sottoporre al vostro personale "processo di falsificazione": ogni pensatore di questo libro con ogni sua eccitante o delirante teoria sarà costretto a farvi da cavia. `Il futuro è aperto. E dipende da voi. Da quello che voi, noi e molte altre persone faremo: oggi, domani e dopodomani. E quello che facciamo e faremo, dipende a sua volta dai nostri pensieri e dai nostri desideri, dalle nostre speranze e dalle nostre paure. Da come abbiamo visto il mondo e da come valutiamo le possibilità che abbiamo a disposizione per il nostro futuro. Invece di posare a profeti (o di cer
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carli),dobbiamo diventare noi creatori del nostro destino. E imparare a fare le cose nel migliore dei modi, andando alla ricerca degli errori. E correggendoli. In poche parole, questo significa che dobbiamo cambiare noi stessi”. Con queste parole, Karl Popper lascia a ognuno di noi il compito di tirare la propria pallina nel flipper. Cercando di orientarla con buon gioco di polsi, di mani e di braccia. Buona partita a tutti, dunque.
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