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Nel 2008 l’Italia ha prodotto meno rifiuti

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Messaggio Da Admin - AnnaGarofalo Lun Mag 03, 2010 11:48 pm

L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) ha presentato il sesto Rapporto sulla Qualità dell’Ambiente Urbano, un’analisi che vede rappresentate tutte e venti le regioni italiane. Una buona notizia c’è: nel 2008 sono stati prodotti meno rifiuti rispetto all’anno precedente. Sarà per la crisi, o gli italiani sono diventati più virtuosi?
Dal 2007 al 2008 i rifiuti prodotti a livello nazionale sono diminuiti a 32 milioni e mezzo di tonnellate, vale a dire circa 540 kg a persona, con una riduzione dello 0,2%. Il motivo di una tale “riduzione” sembrerebbe l’aumento della raccolta differenziata che, salvo poche eccezioni (come il calo registrato a Napoli, nonostante la famosa “emergenza” che per lungo tempo ha attanagliato la città), è passata, a livello nazionale, dal 27,5% del 2007 al 30,6% del 2008 sul totale dei rifiuti urbani.

La riduzione della produzione di rifiuti sembrerebbe essersi verificata soprattutto nelle regioni del sud (complice, secondo l’ISPRA, il SISTRI, un sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti sperimentale nato nel 2009 su iniziativa del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare), ma le regioni più virtuose rimangono quelle del nord.

Trentino e Veneto, con i rispettivi 56,8% e 52,9% di raccolta differenziata, hanno abbondantemente superato l’obiettivo del 45% fissato dalla normativa. Il miglior progresso spetta alla Sardegna che, nel corso dell’anno in questione, ha raggiunto il 38%, mentre la maglia nera è toccata (sempre se non si considerano i casi locali di Napoli 9,6%, e Caserta 11,5%) al Lazio, con un misero 12,9% di rifiuti differenziati.

Differenziazione dei rifiuti o meno, la discarica con il suo 45% “di preferenze” rimane ancora al primo posto nella gestione e nello smaltimento dei rifiuti. Arrivando a casi estremi, come quello del Molise, che vi porta il 90% della sua spazzatura.

Unica eccezione è la Lombardia, che ricorre alle discariche solo per l’8% dei suoi rifiuti. Ottima notizia se si pensa al livello di urbanizzazione ed industrializzazione della regione e se si considerano comuni virtuosi come Magenta, che ha raggiunto quota 70% grazie al sistema di raccolta porta a porta. Un po’ meno se si considera che la Lombardia “vanta” il più alto numero di inceneritori, nonché l’esemplare degli stessi più grande d’Europa, ovvero quello di Brescia.

E la crisi, ossia la riduzione dei consumi, inclusi quelli alimentari può essere un’altra causa della (micro)riduzione dei rifiuti prodotti? C’è chi dice di no, come Stefano Laporta, sub-commissario all’ISPRA che afferma: “i nostri dati confermano un trend di lungo periodo, solo in minima parte toccato dalla crisi”. Sarà, ma c’è anche chi giura che sia proprio quella la causa dell’aumentata “virtù” degli italiani, del resto noti globalmente per il loro scarso senso civico. In effetti, se le persone consumano (e sprecano) di meno, pare ovvio che il pattume diminuisca a sua volta. Per non parlare del fatto che, con la riduzione di emissioni di gas serra, i minori rifiuti in circolazione rientrano fra gli aspetti positivi della riduzione nella produzione industriale.

I rifiuti sono un enorme costo per la collettività, sia in termini economici che ambientali. Ritenendo superfluo approfondire il fatto che discariche ed inceneritori siano un abominio per la nostra salute ed il nostro territorio, teniamo presente che (senza considerare la questione dei Cip 6), la scarsa differenziazione dei rifiuti costa ogni anno in media 131,5 euro a testa.

E pensare che ci sono realtà come il Centro Riciclo Vedelago o l’Associazione dei Comuni Virtuosi che trasformano la spazzatura in una risorsa utilizzabile.

Purtroppo di rifiuti ne abbiamo in abbondanza, producendone in media oltre mezza tonnellata a testa all’anno (da un minimo di 386 kg a persona in Basilicata ad un massimo di 686 kg in Toscana) sebbene si sia registrata una timida diminuzione. Ma se si vuole affrontare davvero il problema dei rifiuti riducendone gli effetti, la migliore soluzione sarebbe non produrne affatto, con o senza crisi. Se l’obiettivo del legislatore è arrivare entro il 2012 al 65% della differenziata sul totale dei rifiuti urbani, quello delle persone di buonsenso è fare di tutto per adottare stili di vita, o anche “consumi”, che portino ad una loro drastica riduzione.

La vera “differenza” sta nell’evitare di sprecare e/o buttare ciò che ancora può essere utilizzato, è acquistare prodotti non avvolti in cento imballi, è capire che cambiare anche di un minimo le proprie abitudini può portare a risultati molto più gratificanti ed importanti di una ridicola diminuzione dello 0,2%.
di Andrea Bertaglio
Fonte: Terranauta.it
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