27 febbraio 1913 Paul Ricoeur
Pagina 1 di 1
27 febbraio 1913 Paul Ricoeur
Alle
tematiche dell'ermeneutica contemporanea Ricoeur, dopo una prima
formazione esistenzialista (di stampo jaspersiano), si è
progressivamente accostato già a partire dagli anni Cinquanta, nel suo
primo periodo speculativo relativo al progetto fenomenologico giovanile
di un'antropologia filosofica che costituisce la "Philosophie de la
volante"- inerente l'analisi eidetica, fenomenologica e dialettica delle
strutture fondamentali del rapporto tra volontario e involontario e la
descrizione di quella figura "storica" esemplare che è la volontà
cattiva, l'interpretazione della funzione del linguaggio
mitico-simbolico, il tema del
corpo proprio, l'analisi del tema della libertà colpevole e la
riflessione filosofico-etica,
ermeneutica ed ontologica sul problema della simbolica del male
attraverso la specificità del linguaggio della confessione della colpa
intesa come emergenza misteriosamente responsabile della finitudine,
della fallibilità e della fragilità affettiva dell'uomo
-, che comprende nel primo volume "Le volontaire et l'involontaire" del
1950 ("Filosofìa
della volontà 1. Il volontario e l'involontario"), nel secondo
"Finitude et culpabilité" del 1960 (lo stesso anno del capolavoro di
Gadamer, "Verità e metodo"), in due tomi: "L'homme faillible" e "La
symbolique
du mal" ("Finitudine e colpa", in
un unico volume).
L'uscita di "Finitude et culpabilité" a distanza di dieci anni da
"Le volontaire et l'involontaire" rappresenta un momento importante
della successiva evoluzione del pensiero
fìlosofico di Ricoeur. Infatti, egli, pur dichiarando ancora di voler
delineare una 'antropologia essenziale', tuttavia assume come filo
conduttore della ricerca il concetto di fallibilità dell'uomo, e
precisamente la possibilità di compiere il male, dapprima, e la colpa
compiuta, poi. In tal modo l'approccio fenomenologico è abbandonato per
intraprendere la via ermeneutica: il carattere oscuro ed opaco della
colpa, infatti, fa sì che non
si possa accedere direttamente ad una 'empirica della volontà', ma si
debba ricorrere
all'aiuto di una mitica concreta, cioè è necessario il ricorso al
linguaggio mitico e simbolico che da sempre ha narrato la colpa. "Le
symbole donne a penser" è la quasi intraducibile formula che Ricoeur
usa per esprimere una via mediana tra logos e mythos, una
via che unisce l'ascolto della ricchezza simbolica con il comprendere,
con una riflessione cioè che ne promuova il senso, ed in un simile
tentativo si congiungeranno l'immediatezza del simbolo con la mediazione
del pensiero.
La svolta ermeneutica" della seconda parte della "Philosophie de la
volante" ("L'homme
Faillible" e "La symbolique du mal") traduce la consapevolezza più
matura di Ricoeur circa
l'insufficienza del metodo riflessivo per una effettiva comprensione del
soggetto. La riflessione fa appello all'interpretazione, l'empirica
della volontà si realizza concretamente come meditazione dei simboli e
dei miti nei quali si esprime l'esperienza della colpa. L'approccio al
simbolo, peraltro, rimanda a sua volta alla riflessione. Il simbolo non è
solo alla fine del cammino della riflessione filosofica;
per la reciprocità del rapporto fra riflessione e interpretazione, il
simbolo suscita,
promuove, alimenta la riflessione: il cogito, ormai, come io penso, io
voglio, io sono, si
muove nella pienezza, nella "grazia" del linguaggio. Senonché, il
dominio dell'interpretazione non è la terra serena nella quale il senso
viene donato, ma la terra accidentata
e violenta nella quale il senso viene messo in questione, le certezze
apparenti vengono
contestate, le illusioni smascherate e le ermeneutiche rivali si
affrontano in una lotta
senza fine. Ciò che viene pensato attraverso la mediazione della
simbolica del
male e della sua interpretazione è la condizione umana nella sua
costituzione paradossale e antinomica: cioè la fragilità affettiva, la
costitutiva sproporzione e l'essere con-
flittuale dell'uomo. Ricoeuer scrive che " il conflitto appartiene
alla costituzione più originaria dell'uomo; l'oggetto è sintesi, l'io è
conflitto; la dualità umana si supera intenzionalmente nella sintesi
dell'oggetto e s'interiorizza affettivamente nel conflitto della
soggettività " ("Finitudine e colpa").
Nel suo incompiuto e poi abbandonato grand project filosofìco giovanile, Ricoeur
va alla ricerca di una "filosofia della soggettività" e di una "filosofia della Trascendenza"
che convergano in una filosofia radicale "senza assoluto", cioè di " una filosofia dei limiti
dell'uomo ". La filosofia non è la voce dell'essere, ma l'ermeneutica della vita, vita di
esseri umani di carne e ossa, esseri di desiderio e di parola, plurali e fragili, capaci di
agire e di patire, di inter-agire e di com-patire. Nello spazio della vita e del linguaggio
una filosofia senza assoluto congiunge la disciplina del discorso sensato con la capacità
di ascolto e di decifrazione delle tracce molteplici e pluriformi dell'alterità che essa
ritrova incessantemente nel cuore inquieto del sé.
La condizione umana si rivela essenzialmente come condizione ermeneutica coestensivamente itinerante poiché sia l' homo viator che l' homo ermeneuticus richiedono inderogabilmente una mèta ricca di senso, pertanto la stessa ragione filosofica non può essere
superata in un discorso speculativo che sia " specchio della sensatezza senza residui
dell'essere ". Tuttavia, se la filosofia è radicalmente
ermeneutica, quest'ultima è impegnata in un movimento che dal testo,
paradigma della condizione carnale e finita dell'uomo,
porta verso ciò che è oltre il testo: l'azione, l'esistenza,
l'ipseità, in una parola, è al di
fuori di ogni retorica vitalistica, la vita nel suo significato
pienamente umano.
Il discorso filosofico fenomenologico-ermeneutico del primo Ricoeur
della "Filosofìa della
Volontà" complica un rapporto costante con la "non filosofia"
("non-philosophiè"). La filosofia non è mai un inizio assoluto, ma è
sempre un dubbio, un'interrogazione, su un sapere
nel quale e a partire dal quale essa si interroga e su cui dubita: per
questo la filosofia è
riflessione. La riflessione fa appello all'interpretazione: ponendo se
stessa, la riflessione
comprende la propria impotenza a superare l'astrazione vana e vuota
dell'"io penso" e la
necessità di recuperare se stessa decifrando i propri segni perduti
nel mondo della cultura. Tra riflessione, ermeneutica e libertà e tra
ricerca del
senso, filosofia generale della creatività umana interpretabile
attraverso la mediazione simbolica del linguaggio e questione del
soggetto intesa come " messa in questione del
soggetto " c'è un'intima correlazione che indica la direzione nella quale si muove la "via
lunga" della fenomenologia ermeneutica di Ricoeur.
Fonte.
tematiche dell'ermeneutica contemporanea Ricoeur, dopo una prima
formazione esistenzialista (di stampo jaspersiano), si è
progressivamente accostato già a partire dagli anni Cinquanta, nel suo
primo periodo speculativo relativo al progetto fenomenologico giovanile
di un'antropologia filosofica che costituisce la "Philosophie de la
volante"- inerente l'analisi eidetica, fenomenologica e dialettica delle
strutture fondamentali del rapporto tra volontario e involontario e la
descrizione di quella figura "storica" esemplare che è la volontà
cattiva, l'interpretazione della funzione del linguaggio
mitico-simbolico, il tema del
corpo proprio, l'analisi del tema della libertà colpevole e la
riflessione filosofico-etica,
ermeneutica ed ontologica sul problema della simbolica del male
attraverso la specificità del linguaggio della confessione della colpa
intesa come emergenza misteriosamente responsabile della finitudine,
della fallibilità e della fragilità affettiva dell'uomo
-, che comprende nel primo volume "Le volontaire et l'involontaire" del
1950 ("Filosofìa
della volontà 1. Il volontario e l'involontario"), nel secondo
"Finitude et culpabilité" del 1960 (lo stesso anno del capolavoro di
Gadamer, "Verità e metodo"), in due tomi: "L'homme faillible" e "La
symbolique
du mal" ("Finitudine e colpa", in
un unico volume).
L'uscita di "Finitude et culpabilité" a distanza di dieci anni da
"Le volontaire et l'involontaire" rappresenta un momento importante
della successiva evoluzione del pensiero
fìlosofico di Ricoeur. Infatti, egli, pur dichiarando ancora di voler
delineare una 'antropologia essenziale', tuttavia assume come filo
conduttore della ricerca il concetto di fallibilità dell'uomo, e
precisamente la possibilità di compiere il male, dapprima, e la colpa
compiuta, poi. In tal modo l'approccio fenomenologico è abbandonato per
intraprendere la via ermeneutica: il carattere oscuro ed opaco della
colpa, infatti, fa sì che non
si possa accedere direttamente ad una 'empirica della volontà', ma si
debba ricorrere
all'aiuto di una mitica concreta, cioè è necessario il ricorso al
linguaggio mitico e simbolico che da sempre ha narrato la colpa. "Le
symbole donne a penser" è la quasi intraducibile formula che Ricoeur
usa per esprimere una via mediana tra logos e mythos, una
via che unisce l'ascolto della ricchezza simbolica con il comprendere,
con una riflessione cioè che ne promuova il senso, ed in un simile
tentativo si congiungeranno l'immediatezza del simbolo con la mediazione
del pensiero.
La svolta ermeneutica" della seconda parte della "Philosophie de la
volante" ("L'homme
Faillible" e "La symbolique du mal") traduce la consapevolezza più
matura di Ricoeur circa
l'insufficienza del metodo riflessivo per una effettiva comprensione del
soggetto. La riflessione fa appello all'interpretazione, l'empirica
della volontà si realizza concretamente come meditazione dei simboli e
dei miti nei quali si esprime l'esperienza della colpa. L'approccio al
simbolo, peraltro, rimanda a sua volta alla riflessione. Il simbolo non è
solo alla fine del cammino della riflessione filosofica;
per la reciprocità del rapporto fra riflessione e interpretazione, il
simbolo suscita,
promuove, alimenta la riflessione: il cogito, ormai, come io penso, io
voglio, io sono, si
muove nella pienezza, nella "grazia" del linguaggio. Senonché, il
dominio dell'interpretazione non è la terra serena nella quale il senso
viene donato, ma la terra accidentata
e violenta nella quale il senso viene messo in questione, le certezze
apparenti vengono
contestate, le illusioni smascherate e le ermeneutiche rivali si
affrontano in una lotta
senza fine. Ciò che viene pensato attraverso la mediazione della
simbolica del
male e della sua interpretazione è la condizione umana nella sua
costituzione paradossale e antinomica: cioè la fragilità affettiva, la
costitutiva sproporzione e l'essere con-
flittuale dell'uomo. Ricoeuer scrive che " il conflitto appartiene
alla costituzione più originaria dell'uomo; l'oggetto è sintesi, l'io è
conflitto; la dualità umana si supera intenzionalmente nella sintesi
dell'oggetto e s'interiorizza affettivamente nel conflitto della
soggettività " ("Finitudine e colpa").
Nel suo incompiuto e poi abbandonato grand project filosofìco giovanile, Ricoeur
va alla ricerca di una "filosofia della soggettività" e di una "filosofia della Trascendenza"
che convergano in una filosofia radicale "senza assoluto", cioè di " una filosofia dei limiti
dell'uomo ". La filosofia non è la voce dell'essere, ma l'ermeneutica della vita, vita di
esseri umani di carne e ossa, esseri di desiderio e di parola, plurali e fragili, capaci di
agire e di patire, di inter-agire e di com-patire. Nello spazio della vita e del linguaggio
una filosofia senza assoluto congiunge la disciplina del discorso sensato con la capacità
di ascolto e di decifrazione delle tracce molteplici e pluriformi dell'alterità che essa
ritrova incessantemente nel cuore inquieto del sé.
La condizione umana si rivela essenzialmente come condizione ermeneutica coestensivamente itinerante poiché sia l' homo viator che l' homo ermeneuticus richiedono inderogabilmente una mèta ricca di senso, pertanto la stessa ragione filosofica non può essere
superata in un discorso speculativo che sia " specchio della sensatezza senza residui
dell'essere ". Tuttavia, se la filosofia è radicalmente
ermeneutica, quest'ultima è impegnata in un movimento che dal testo,
paradigma della condizione carnale e finita dell'uomo,
porta verso ciò che è oltre il testo: l'azione, l'esistenza,
l'ipseità, in una parola, è al di
fuori di ogni retorica vitalistica, la vita nel suo significato
pienamente umano.
Il discorso filosofico fenomenologico-ermeneutico del primo Ricoeur
della "Filosofìa della
Volontà" complica un rapporto costante con la "non filosofia"
("non-philosophiè"). La filosofia non è mai un inizio assoluto, ma è
sempre un dubbio, un'interrogazione, su un sapere
nel quale e a partire dal quale essa si interroga e su cui dubita: per
questo la filosofia è
riflessione. La riflessione fa appello all'interpretazione: ponendo se
stessa, la riflessione
comprende la propria impotenza a superare l'astrazione vana e vuota
dell'"io penso" e la
necessità di recuperare se stessa decifrando i propri segni perduti
nel mondo della cultura. Tra riflessione, ermeneutica e libertà e tra
ricerca del
senso, filosofia generale della creatività umana interpretabile
attraverso la mediazione simbolica del linguaggio e questione del
soggetto intesa come " messa in questione del
soggetto " c'è un'intima correlazione che indica la direzione nella quale si muove la "via
lunga" della fenomenologia ermeneutica di Ricoeur.
Fonte.
Pagina 1 di 1
Permessi in questa sezione del forum:
Non puoi rispondere agli argomenti in questo forum.