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27 Agosto 1770 Georg Wilhelm Friedrich Hegel

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Messaggio Da Admin - AnnaGarofalo Mer Ago 06, 2008 3:25 pm

27 Agosto  1770   Georg Wilhelm Friedrich Hegel Hegel10 GADAMER CI SPIEGA LA FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO 27 Agosto  1770   Georg Wilhelm Friedrich Hegel Gadame10


La Fenomenologia dello Spirito è uno dei due grandi progetti filosofici lasciateci da Hegel. L'opera venne composta a Jena, dove il filosofo insegnava, durante l'invasione napoleonica della Germania. Il termine medico "fenomenologia" in filosofia viene ad indicare la dottrina che si occupa dei modi in cui lo Spirito si manifesta. Con questo capolavoro Hegel volle mostrare come partendo dalla autocoscienza si potesse comprendere l'intera struttura spirituale del mondo, e tutte le sue forme quali la società, l'arte, la religione, la filosofia, ecc. Cioè partendo da ciò che, solo col cristianesimo, si era man mano arrivati a definire come "soggettività". Due sono i passi che l'opera segue: indica per prima cosa che l'autocoscienza è già presente in ogni coscienza ed anche il modo in cui la coscienza diviene autocoscienza, quindi dimostra come il processo non si fermi alla autocoscienza ma giunga sino allo Spirito.
Per mostrare che nella coscienza vi è sempre un po' di autocoscienza Hegel si muove dalla semplice percezione immediata degli oggetti sino alla formulazione delle leggi di natura. Procedendo così giunge al modo di agire del mondo vivente che, seppure senza coscienza, non è spinto da forze esterne ma si "comporta rispetto a se stesso", in questo "se stesso" compare il primo passo verso la autocoscienza. Tutti gli stimoli fisiologici, come l'appetito, danno la certezza di esistere, ma in modo solo momentaneo. Per una vera coscienza di sé ci vuole il riconoscimento altrui. Hegel esplora allora il modo più assoluto di ottenerlo, quello del dominio che un padrone esercita sul suo servo. Scopre che questa forma di riconoscimento così completa - fino alla identificazione col benessere del padrone da parte del servo - è illusoria. In realtà infatti il padrone è dipendente dall'azione del servo e ignora la vera sorgente della propria autocoscienza e affermazione: il lavoro. L'opera continua poi nel tracciare il cammino dello Spirito verso il "Sapere assoluto" nelle sue tre forme: l'Arte, la Religione e la Filosofia.
1. Qual è il contesto storico in cui Hegel scrive la Fenomenologia dello spirito?
La Fenomenologia dello spirito marca una cesura biografica nella storia dello sviluppo di Hegel. Essa infatti è nata a Jena, dove Hegel era docente durante il periodo del dominio napoleonico e prima della guerra antiprussiana. È noto con quali enormi attese i giovani intellettuali svevi, di Tubinga e in genere della Germania meridionale, abbiano salutato la Rivoluzione Francese: giovani teologi e studenti, furono allora animati dal grande pathos della libertà. Diversamente da quel che in genere si pensa, Hegel sino alla fine della sua vita è rimasto convinto del significato fondamentale della Rivoluzione Francese. Si narra che, in occasione di una visita a Tieck nella città di Dresda, Hegel, ormai famoso, a un certo punto sollevando il bicchiere abbia detto: "Sa Lei che giorno è oggi? È il giorno dell'assalto alla Bastiglia. Beviamo a questo giorno!". La Rivoluzione Francese e il suo pathos della libertà costituivano, com'è comprensibile, la base sulla quale il ceto degli intellettuali borghesi poteva sperare di ottenere un riconoscimento sociale e politico. Si sa con certezza, per esempio, che fu necessario conferire un titolo nobiliare a Goethe e a Schiller prima di presentarli alla corte del Granduca di Weimar. Queste condizioni sociali in conseguenza della Rivoluzione Francese, e quindi anche dopo l'occupazione napoleonica, iniziarono a modificarsi lentamente. Fu allora che si formò una nuova struttura sociale sulla quale si è costruito lo stato nazionale tedesco.
La Fenomenologia dello spirito, questo libro tanto singolare da non potersi quasi riassumere e da essere comprensibile solo in alcune parti, è stato completato da Hegel proprio durante la guerra antinapoleonica della Prussia. Il rombo dei cannoni della città di Jena ha per così dire accompagnato la conclusione del libro. Quando poi Napoleone entrò a Jena Hegel scrisse: "Oggi ho visto la Spirito del mondo a cavallo". Queste sono le circostanze esterne sotto le quali è sorta la Fenomenologia dello spirito.
A Jena Hegel era già un libero docente affermato. Il fatto che venisse capito è e resterà sempre uno dei misteri della storia universale. Come sia possibile che, nonostante il dialetto svevo parlato da Hegel a Berlino, questi abbia potuto influenzare una cerchia di allievi resta affatto misterioso e dimostra che i giovani studenti hanno la meravigliosa capacità di aprirsi senza riserve ad una persona che ha qualcosa da dire, di comprenderla fino in fondo e di trasmettere ad altri quello che hanno capito. I
l vero onore del nostro lavoro universitario non è quello di manifestare occasionalmente una opinione politica razionale o magari irrazionale, ma quello di trasmettere da generazione in generazione lo stimolo a pensare e la propria capacità di giudizio. Con questa digressione intendo sottolineare che pensatori come Hegel, Schelling e naturalmente anche Fichte, che in quel periodo a Jena era la figura predominante, non hanno semplicemente arricchito la scienza filosofica. Essi tutti hanno reso possibile una solidarietà morale, sociale e politica, sulla cui base almeno per un secolo si è edificato lo stato nazionale tedesco.
2. Il sottotitolo della Fenomenologia dello spirito suona: "Scienza dell'esperienza della coscienza". Quali significati assumono nell'opera di Hegel i termini di "fenomeno" e di "coscienza"?
Quando ci si accinge ad esaminare la Fenomenologia dello spirito, bisogna innanzitutto chiarire il termine "fenomenologia". Oggi è molto noto, perché in Germania si è formata una scuola, la cosiddetta "scuola fenomenologica", fondata da Husserl e alla quale appartenevano anche Heidegger e Max Scheler. Questa "scuola fenomenologica" ha fatto proprio il termine "fenomenologia", che originariamente apparteneva alla medicina, dove dava il nome allo studio delle manifestazioni dei diversi tipi di malattia. La fenomenologia è dunque una dottrina delle manifestazioni; in Hegel, delle manifestazioni dello Spirito. La fenomenologia è la storia delle manifestazioni dello Spirito, dei modi in cui lo Spirito si manifesta.
La missione che la generazione di Hegel attribuiva al pensiero di Kant, era il ristabilimento dell'unità laddove lo stesso Kant aveva istituito alcune differenze. La prima di queste differenze è che da un lato le scienze e l'esperienza da esse elaborata costituiscono l'inizio di ogni conoscenza e, se gli oggetti non sono dati nell'intuizione, la metafisica e le sue proposizioni restano vuote; dall'altro la libertà rappresenta un'eccezione a queste limitazioni. La libertà umana, quella determinazione morale con la quale l'uomo sa e sente ciò che in lui o in un altro è buono oppure cattivo, non è un fatto empirico, ma determina l'umanità del nostro comportamento ed anche le possibilità di una metafisica. Con questa missione da svolgere, Fichte, Schelling ed Hegel si misero al lavoro. La Fenomenologia dello spirito fu il capolavoro in cui Hegel ha tentato di mostrare come si possa comprendere l'intera struttura spirituale del mondo a partire dall'autocoscienza, cioè superando quell'atteggiamento fondamentale che si può definire "punto di vista della coscienza".
La coscienza non è infatti nient'altro che quello che in lei stessa appare. Nel mondo antico non era possibile un concetto di autocoscienza o un concetto di Io, di ciò che noi oggi chiamiamo "soggetto"; il pensiero greco era come un enorme occhio aperto che guarda l'ordine celeste, l'ordine umano - cioè quello cittadino -, e l'ordine della propria anima. Con la mediazione del Cristianesimo è iniziato il cammino della interiorizzazione e il "subiectum", che in senso stretto significava solo "sostrato", viene ora a significare la "soggettività", cioè l'autocoscienza che appartiene alla coscienza. Hegel si era posto il compito di mostrare che ogni coscienza è in fondo autocoscienza, di darne la consapevolezza a chi pensa, e si chiedeva come comprendere la totalità della nostra esperienza reale a partire dall'universo interiore dell'autocoscienza. Di qui il lungo cammino che questo libro presenta: dalla coscienza all'autocoscienza, dall'autocoscienza allo spirito e a tutte le forme di organizzazione spirituale della realtà, quali la società, lo Stato, l'arte, la religione e la filosofia. Un programma enorme, che spazia dalla coscienza sino alle forme di quel "sapere assoluto" che arte, religione e filosofia pretendono di essere. Su questa base le nostre riflessioni si devono articolare, a partire dall'autocoscienza, in due passi fondamentali. Il primo passo consiste nell'indicare come si perviene all'autocoscienza e perché in ogni coscienza c'è già autocoscienza; il secondo nel mostrare che ad avere l'ultima parola non è l'autocoscienza, ma lo spirito.
3. Qual è il cammino che dalla coscienza porta all'autocoscienza?
Hegel mostra la presenza dell'autocoscienza nella coscienza muovendo da una prima certezza che chiama "certezza sensibile". Quando qui ed ora si trova qualcosa davanti a noi, è certo che ne siamo coscienti, ma in realtà siamo coscienti solo della sua datità. Che cosa sia ciò che traiamo (nehmen) come vero (Wahr) da essa, che cosa, cioè, la percezione (Wahrmehmung) veramente sia, questo l'esperienza della datità non può ancora dircelo. Né certamente la percezione è compiutamente compresa quando l'oggetto è colto come "oggetto con le sue proprietà". La chimica può offrire una buona rappresentazione di quel che è il mondo; essa studia e ricerca la struttura del percepito - poiché gli oggetti reali che ci vengono incontro consistono di elementi base, l'analisi chimica può mostrarcene la struttura. Ma in realtà questo atteggiamento non è ancora autocoscienza, ma solo un atteggiamento oggettivante che con i mezzi dell'intelletto cerca nel mondo della percezione un ordine legale e si sforza di provarlo. Che genere di ordine è questo?
Inavvertitamente, e perciò sorprendentemente, ci siamo già avvicinati molto a ciò che cerchiamo: alle forze. Il mondo si mostra come un gioco di forze. Cos'è veramente una forza? Una forza che non si estrinseca è una forza? O forse una forza è solo la sua estrinsecazione? Certamente una forza non è solo questo, però la sua estrinsecazione deve essere provocata da un'altra forza. Allora si usava l'espressione di origine latina sollizitieren: il mondo reale delle forze è composto di forze che sollecitano e che vengono sollecitate. È chiaro che la forza in questo senso non è visibile, se non nella sua estrinsecazione. Muovendo dalla percezione, che ci svela l'oggetto con le sue proprietà, siamo passati al mondo dominato dalle leggi di natura. Hegel sente acutamente il limite di ciò che è posto, di quel che chiamava il "positivo" e che propriamente per lui era negativo (in modo particolare in campo religioso, dove la "positività" caratterizza una vita religiosa non veramente sentita). Allo stesso modo ancor oggi i codici e le leggi sono per noi solo degli ideali, che ci permettono di mantenere l'equità, la conformità e l'ordine. Il gioco delle forze è effettivamente un ottimo esempio di dialettica. Una forza è tale solo se si estrinseca. Il fatto che le forze si estrinsechino, che entrino per così dire in gioco tra loro, dà vita a quell'ordine naturale noto come ordine legale della natura. Un tale ordine non è certo sensibile, ed Hegel ne parla infatti come di un ordine soprasensibile. Il mondo delle leggi è per così dire un mondo fenomenico: esse appaiono come forze e come loro estrinsecazioni.
Hans Georg Gadamer

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