28 Agosto 1749 Johann Wolfgang von Goethe
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28 Agosto 1749 Johann Wolfgang von Goethe
Johann Wolfgang von Goethe
(Francoforte sul Meno 1749 - Weimar 1832)
GOETHE E LA NATURA
Il concetto di "natura" rappresenta certamente uno dei grandi temi del Romanticismo, specie di quello tedesco. Infatti l’amore ed il fascino per essa, che affondano le loro radici nel clima culturale dello "Sturm und Drang" e si alimentano della riscoperta del pensiero di Spinoza, costituiscono uno dei dati più caratteristici del movimento. E Goethe non è estraneo a questo influsso. Alla base della concezione goethiana della natura vi è un fondamentale panteismo , che gli deriva dalla lettura di Plotino, di Bruno e di Spinoza, a favore del quale si esprime intervenendo nella cosiddetta 'disputa sul panteismo' tipica di quegli anni. La natura è natura vivente, inizialmente considerata, secondo i parametri dello Sturm und Drang, come un'inesauribile forza primigenia, dalle mille trasformazioni e dai mille volti, compresi quello umano e quello divino. Successivamente, questa visione letteraria si trasforma in una concezione più scentifica, che considera la natura come la sede dell'evoluzione, per complicazione successiva, di un unico fenomeno originario ( Urphänomenon ). Nel suo viaggio in Italia, a Palermo, Goethe credette di aver scoperto la forma della pianta originaria ( Urplanz ): uno stelo dal quale si dipartono i rami e le foglie. La stessa struttura la si ritrova nella costituzione fisica dell'uomo, come colonna vertebrale da cui si diramano gli arti. L'intenzione di Goethe è quella di costruire una morfologia della natura , ovvero uno studio qualitativo delle forme naturali, condotto attraverso l'intuizione e l'osservazione diretta dei 5 sensi: la sua indagine della natura diverge dunque nettamente da quella della scienza moderna (newtoniana), fondata sulla riconduzione dei fenomeni a elementi quantitativi, misurabili matematicamente attraverso procedure sperimentali oggettive. L'avversione di goethe per la fisica newtoniana, improntata al meccanicismo causale, affiora anche nella sua teoria dei colori : servendosi di un prisma di cristallo, Newton aveva scoperto che la luce bianca è scomponibile in raggi ai cui differenti indici di rifrazione corrispondono, nella percezione soggettiva, i diversi colori. Goethe, al contrario, sostiene che la luce è un fenomeno semplice e i colori derivano dalla contrapposizione polare tra chiaro e scuro, cioè tra bianco e nero. Per quanto infondata, la teoria goethiana dei colori si inserisce nella generale tendenza romantica a spiegare i fenomeni naturali come effetti della polarità, cioè a ricondurre la molteplicità delle manifestazioni ad un'unica legge fondamentale della natura. Per Goethe nella Natura non esiste puro divenire, caotico ed anarchico, ma una serie continua di manifestazioni plastiche, attraverso le quali l'Essere si rende percepibile ai nostri occhi. Metamorfosi significa trasformazione, o meglio una serie di trasformazioni in cui una essenza perenne si manifesta via via con modalità esteriormente differenti: la forma, che si concretizza biologicamente nel «tipo», a sua volta, non costituisce una realtà statica, ma una attività plasmatrice, che solo l'occhio esperto riesce a ricondurre all'Unità, attraverso la catena dell'Essere, scorgendo l'Eterno nel transitorio. Che tutto ciò non si sia risolto in una semplice speculazione teorica, ma abbia dato risultati concreti, lo dimostra il fatto che Goethe, seguendo tale paradigma, attraverso «il metodo genetico, il metodo della comparazione anatomica ed embriologica, conosciuto oggi come morfologia comparata», poté conseguire tre notevoli scoperte scientifiche, tuttora valide nella loro essenza: l'origine fogliare delle differenti strutture del fiore: sepali, petali, stami, pistilli; l'origine del cranio da vertebre trasformate; l'esistenza dell'osso intermascellare, o incisivo, nel cranio umano, tanto che la sutura corrispondente, situata tra il canino ed il secondo incisivo, e stata chiamata ufficialmente, in suo onore, sutura incisiva goethei. Goethe è profondamente convinto, sulla scia di gran parte del pensiero romantico, che la natura costituisca un tutto organico, di cui l'uomo è solo manifestazione; l'errore dell'uomo, come già aveva detto Spinoza, sta nel non riconoscere di essere parti del tutto, di questa totalità che è la natura, ma di pretendere di esistere come individualità. Così scrive Goethe a proposito:
Natura! Noi siamo da essa circondati e avvinti, senza poter da essa uscire e senza poter entrare in essa più profondamente. Non invitati e non avvertiti, essa ci prende nel giro della sua danza e ci attrae nel vortice, finché, stanchi, cadiamo nelle sue braccia. Essa crea eternamente nuove forze: ciò ch’è ora non era ancora, ciò che era non torna; tutto è nuovo, e nondimeno è sempre antico. Noi viviamo nel mezzo di essa, e le siamo estranei. Essa parla incessantemente con noi, e non ci palesa il suo segreto. Noi operiamo costantemente su di essa, e tuttavia non abbiamo su di essa nessun potere. Pare che la natura tutto abbia indirizzato verso l’individualità, eppure non sa che farsene degl’individui. Artista incomparabile, senza apparenza di sforzo passa dalle opere più grandi alle minuzie più esatte. [...] È intera, e nondimeno è sempre incompiuta. Non conosce passato e futuro; il presente è la sua eternità.
Fonte.
Perché Goethe andò in Italia?
Il viaggio di Goethe fu una specie di fuga. Il lavoro come ministro a Weimar aveva soffocato la sua creatività. Sentì la necessità di cambiare pelle. L'Italia era sempre stata il suo sogno, l'Italia classica della Magna Grecia e dei Romani. Tuffandosi in quell'ambiente classico sperava di poter rinascere come artista. Preparava questa fuga di nascosto, nessuno doveva sapere quando e per dove sarebbe partito. Il 3 settembre, alle tre di notte, partì con la carrozza della posta, senza salutare nessuno. All'inizio viaggiava sotto un falso nome, non voleva essere riconosciuto, voleva godersi l'Italia senza dover rendere conto a nessuno. Per molto tempo nemmeno sua madre e i suoi amici più stretti avevano notizie di lui.
Cosa cercò in Italia, cosa trovò?
Quello che Goethe cercò in Italia non era tanto l'Italia di Michelangelo, di Leonardo, della grande pittura rinascimentale e barocca. Durante il primo soggiorno a Firenze si fermò per appena 3 ore, e a Roma, nella Cappella Sistina si annoiava e si addormentò. La situazione politica in Italia gli era del tutto indifferente. Giotto non lo vedeva e il grande architetto barocco Bernini, onnipresente a Roma, non lo nominava neanche una volta nel suo diario. Cercava l'antichità greca-romana e quando, a Verona, vide per la prima volta un monumento romano "dal vivo", cioè l'Arena, era felice. Una volta arrivato a Roma, si sentì subito a casa e si comportava come se non fosse mai vissuto da un altra parte.
Il viaggio doveva durare alcuni mesi, alla fine erano quasi due anni. Più che un viaggio in Italia era una vita in Italia, e più si fermò, più si rilassò, più cominciò ad interessarsi anche della vita italiana. Goethe cambiò e si può notare un fatto curioso, ma piuttosto significativo: lui che in passato aveva scritto innumerevoli poesie d'amore e romanzi pieni di passione, solo qui, in Italia, a 37 anni, scopre l'amore, quello fisico, sensuale.
Oltre a dipingere continuamente (portò a casa ca. mille disegni), ricominciò a scrivere e a diventare creativo. Il suo diario, pubblicato nel 1829, è un libro molto interessante, ma insolito. Non è tanto una descrizione del paese, piuttosto è una descrizione delle impressioni che riceveva dal paese e dalla gente, mescolata con riflessioni su arte, cultura e letteratura. Leggendo il libro si capisce più di Goethe che dell'Italia. Ma nonostante ciò e anche un libro sull'Italia, ma su un'Italia del tutto goethiana, è la sua Italia, un'Italia che nessun'altro poteva vivere così.
Questa poesia di Goethe è diventata l'espressione classica della nostalgia ("Sehnsucht") di molti artisti verso l'Italia:
Conosci tu il paese dove fioriscono i limoni?
Nel verde fogliame splendono arance d'oro
Un vento lieve spira dal cielo azzurro
Tranquillo è il mirto, sereno l'alloro
Lo conosci tu bene?
Laggiù, laggiù
Vorrei con te, o mio amato, andare!
Itinerario
Nel verde fogliame splendono arance d'oro
Un vento lieve spira dal cielo azzurro
Tranquillo è il mirto, sereno l'alloro
Lo conosci tu bene?
Laggiù, laggiù
Vorrei con te, o mio amato, andare!
Itinerario
Fonte.
I DOLORI DEL GIOVANE WERTHER (testo integrale)
IL FAUST (testo integrale)
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