18 Ottobre 1909 - Bobbio
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18 Ottobre 1909 - Bobbio
Norberto Bobbio ritiene che una definizione minima di democrazia possa essere data in senso puramente procedurale intendendola come un metodo per prendere decisioni collettive . Una delle promesse non mantenute della democrazia sta nel fatto che la democrazia politica non si è trasformata in democrazia sociale . Bobbio analizza i rapporti tra liberalismo e democrazia, dall'iniziale contrasto all'attuale conciliazione sul piano dei diritti fondamentali . Quello della democrazia sostanziale è stato per Bobbio uno dei grandi temi del socialismo, che ha mirato all'uguaglianza non solo formale . Per quanto riguarda il problema dell'assistenza, Bobbio ricorda che, se nel passato la richiesta della democrazia era stata quella di un ampliamento del pubblico, attualmente si esige piuttosto una minore presenza dello Stato, anche se non sempre i privati possono supplire le funzioni pubbliche . La collettivizzazione propugnata dal socialismo conduce per Bobbio a forme di monopolio statale; nello Stato democratico agiscono invece gruppi maggioritari che tutelano certamente più i loro interessi che non degli ipotetici interessi collettivi. A questo proposito cruciale è per Bobbio il tema della rappresentanza . In realtà per Bobbio è assai difficile distinguere tra rappresentanza degli interessi e rappresentanza politica, questo ha condotto anche alle degenerazioni attuali del «mercato» politico, favorendo il rapporto clientelare e sostituendo al voto di opinione il voto di scambio: la democrazia dovrebbe a suo parere fondarsi esclusivamente sul voto di opinione . Per Bobbio devono essere sempre presenti le mete ideali e i valori fondamentali che soli possono ispirare delle autentiche riforme. Per concludere Bobbio si dichiara pessimista sul rapporto tra teoria e pratica politica, piani paralleli che si incontrano solo nei momenti rivoluzionari di trasformazione radicale.
Torino, Fondazione Einaudi, 28 febbraio 1985
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DOMANDA: Professor Bobbio, se la democrazia fosse tanto inflazionata nella realtà così come lo è come concetto, probabilmente vivremmo in un mondo di uguaglianza universale; ma invece non è così. Si parla indistintamente di democrazia a proposito dell'Atene di Pericle e dei Soviet di Lenin; c'è la democrazia liberale, quella socialista, c'è la democrazia cristiana. Possiamo tentare di dare una definizione minima, ma precisa, di questo termine?
Io ritengo che non sia soltanto possibile dare una definizione minima della democrazia, ma che sia necessario. Se vogliamo metterci d'accordo, quando parliamo di democrazia, dobbiamo intenderla in un certo modo limitato, cioè attribuendo al concetto di democrazia alcuni caratteri specifici sui quali possiamo esser tutti d'accordo.
Io ritengo che per dare una definizione minima di democrazia bisogna dare una definizione puramente e semplicemente procedurale: vale a dire definire la democrazia come un metodo per prendere decisioni collettive. Si chiama gruppo democratico quel gruppo in cui valgono almeno queste due regole per prendere decisioni collettive: 1) tutti partecipano alla decisione direttamente o indirettamente; 2) la decisione viene presa dopo una libera discussione a maggioranza.
Queste sono le due regole in base alle quali a me pare che si possa parlare di democrazia nel senso minimo e ci si possa mettere facilmente d'accordo per dire dove c'è democrazia e dove democrazia non c'è.
DOMANDA: Quindi si può parlare di democrazia, sia che si tratti di decidere in un condominio sia che si tratti di decidere una legge dello Stato?
Ha detto benissimo: un'associazione, una qualsiasi associazione. Qualsiasi associazione generalmente stabilisce quali sono le regole in base alle quali si prendono le decisioni che poi valgono. Anche se le decisioni vengono prese da pochi, da alcuni, anche da uno solo, l'importante è che quella decisione venga presa in base a quelle regole.
DOMANDA: Quando Lei dice queste cose mi viene in mente che effettivamente nel mondo esistono alcuni - forse neanche troppi - Stati democratici: ma all'interno di questi Stati democratici - penso a tutti gli apparati della produzione, gli apparati dei servizi, a molte delle istituzioni, dalle scuole alle caserme, ecc. - io non ci ritrovo molte delle due regole.
Lei effettivamente ha ragione: qui stiamo parlando di democrazia politica. Difatti io ho considerato come una delle promesse non mantenute della democrazia proprio il fatto che la democrazia politica non si è estesa alla società e non si è trasformata in democrazia sociale. A rigore una società democratica dovrebbe essere democratica - cioè dovrebbe avere queste regole - nella maggior parte dei centri di potere. Questo in realtà nella maggior parte delle democrazie non è avvenuto. Qual è poi il centro di potere in cui dovrebbe avvenire quest'estensione delle regole democratiche? E' la fabbrica. All'interno della fabbrica non esiste un regime democratico: le decisioni vengono prese da una parte sola, dall'altra parte c'è la possibilità di un certo controllo delle decisioni, ma le decisioni non vengono prese, da tutte, da tutte le parti che sono in gioco in quel in quel centro di potere.
DOMANDA: Quindi Lei pensa che sia auspicabile questa autodeterminazione della propria vita produttiva?
Io credo che questo sia l'ideale limite della democrazia.
Tratto dall'intervista "Che cos'è la democrazia?" - Torino, Fondazione Einaudi, giovedì 28 febbraio 1985
Fonte
Torino, Fondazione Einaudi, 28 febbraio 1985
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DOMANDA: Professor Bobbio, se la democrazia fosse tanto inflazionata nella realtà così come lo è come concetto, probabilmente vivremmo in un mondo di uguaglianza universale; ma invece non è così. Si parla indistintamente di democrazia a proposito dell'Atene di Pericle e dei Soviet di Lenin; c'è la democrazia liberale, quella socialista, c'è la democrazia cristiana. Possiamo tentare di dare una definizione minima, ma precisa, di questo termine?
Io ritengo che non sia soltanto possibile dare una definizione minima della democrazia, ma che sia necessario. Se vogliamo metterci d'accordo, quando parliamo di democrazia, dobbiamo intenderla in un certo modo limitato, cioè attribuendo al concetto di democrazia alcuni caratteri specifici sui quali possiamo esser tutti d'accordo.
Io ritengo che per dare una definizione minima di democrazia bisogna dare una definizione puramente e semplicemente procedurale: vale a dire definire la democrazia come un metodo per prendere decisioni collettive. Si chiama gruppo democratico quel gruppo in cui valgono almeno queste due regole per prendere decisioni collettive: 1) tutti partecipano alla decisione direttamente o indirettamente; 2) la decisione viene presa dopo una libera discussione a maggioranza.
Queste sono le due regole in base alle quali a me pare che si possa parlare di democrazia nel senso minimo e ci si possa mettere facilmente d'accordo per dire dove c'è democrazia e dove democrazia non c'è.
DOMANDA: Quindi si può parlare di democrazia, sia che si tratti di decidere in un condominio sia che si tratti di decidere una legge dello Stato?
Ha detto benissimo: un'associazione, una qualsiasi associazione. Qualsiasi associazione generalmente stabilisce quali sono le regole in base alle quali si prendono le decisioni che poi valgono. Anche se le decisioni vengono prese da pochi, da alcuni, anche da uno solo, l'importante è che quella decisione venga presa in base a quelle regole.
DOMANDA: Quando Lei dice queste cose mi viene in mente che effettivamente nel mondo esistono alcuni - forse neanche troppi - Stati democratici: ma all'interno di questi Stati democratici - penso a tutti gli apparati della produzione, gli apparati dei servizi, a molte delle istituzioni, dalle scuole alle caserme, ecc. - io non ci ritrovo molte delle due regole.
Lei effettivamente ha ragione: qui stiamo parlando di democrazia politica. Difatti io ho considerato come una delle promesse non mantenute della democrazia proprio il fatto che la democrazia politica non si è estesa alla società e non si è trasformata in democrazia sociale. A rigore una società democratica dovrebbe essere democratica - cioè dovrebbe avere queste regole - nella maggior parte dei centri di potere. Questo in realtà nella maggior parte delle democrazie non è avvenuto. Qual è poi il centro di potere in cui dovrebbe avvenire quest'estensione delle regole democratiche? E' la fabbrica. All'interno della fabbrica non esiste un regime democratico: le decisioni vengono prese da una parte sola, dall'altra parte c'è la possibilità di un certo controllo delle decisioni, ma le decisioni non vengono prese, da tutte, da tutte le parti che sono in gioco in quel in quel centro di potere.
DOMANDA: Quindi Lei pensa che sia auspicabile questa autodeterminazione della propria vita produttiva?
Io credo che questo sia l'ideale limite della democrazia.
Tratto dall'intervista "Che cos'è la democrazia?" - Torino, Fondazione Einaudi, giovedì 28 febbraio 1985
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