V MEDITAZIONE
Caffè Filosofico :: Filosofia :: I classici della filosofia :: Descartes. Le Meditazioni metafisiche.
Pagina 1 di 1
V MEDITAZIONE
1. [63] Mi rimane ancora molto da investigare sugli attributi di Dio, e molto sulla mia natura o su quella della mia mente; ma tutto questo forse lo riprenderò in un altro momento. Ora a me sembra che nulla possa essere più urgente (dopo che ho compreso che cosa debba essere evitato e che cosa si debba fare per raggiungere la verità) che tentare di emergere da quei dubbi nei quali sono caduto nei giorni precedenti; e vedere se qualcosa riguardo alle cose materiali possa essere considerato certo. 2. Più precisamente, prima di investigare se alcune di tali cose esistano fuori di me, devo considerare le idee che le riguardano, in quanto sono nel mio pensiero, e vedere quali mai tra esse siano distinte e quali confuse. 3. In primo luogo di certo immagino distintamente la quantità, che normalmente i filosofi chiamano continua, o quanta sia l'estensione in lunghezza, larghezza e profondità di questa quantità o piuttosto della cosa; annovero in essa varie parti; assegno ogni sorta di grandezze, figure, luoghi e moti locali a queste parti, ed a questi moti diverse durate. 4. Nè quelle cose mi sono assolutamente note e chiare soltanto in generale, ma quando concentro l'attenzione, percepisco anche particolari innumerevoli riguardo alle figure, al numero, al moto e simili, la cui verità è così evidente, [64] ed è così adatta alla mia natura, che quando comincio a scoprirle, non tanto mi sembra di imparare qualcosa di nuovo, quanto di ricordarmi di quelle cose che sapevo prima, oppure di avvertire cose che già prima erano in me, sebbene non vi avessi prima diretto la forza visiva della mente. 5. E, cosa che qui considero soprattutto degna di nota, trovo presso di me innumerevoli idee di alcune cose, che anche se qualora non esistano in nessun luogo fuori di me, tuttavia non si può dire che non esistano affatto; e sebbene siano da me pensate secondo il mio arbitrio, tuttavia non vengono immaginate da me, ma hanno una loro vera ed immutabile natura. Come quando, per esempio, immagino un triangolo, anche se forse una tale figura non possa esistere affatto in nessun luogo al di fuori del mio pensiero, né mai sia esistita, vi è tuttavia certo una sua determinata natura, o essenza, o forma, immutabile ed eterna, che non è stata prodotta da me, né dipende dalla mia mente; come è evidente per il fatto che si possono dimostrare varie proprietà di questo triangolo, cioè che i suoi tre angoli sono equivalenti a due retti; che al suo angolo maggiore è sotteso il lato più grande, e simili, che ora comprendo chiaramente, volente o nolente, anche se non abbia pensato affatto a queste proprietà quando ho immaginato la prima volta un triangolo, per cui non sono stato io ad averle inventate. 6. Non ha alcun rilievo a questo punto se io dico, che questa idea di triangolo mi è venuta casualmente dalle cose esterne attraverso gli organi dei sensi, poiché naturalmente talvolta ho visto dei corpi con figura triangolare; posso infatti escogitare innumerevoli altre figure, riguardo alle quali non ci può essere nessun sospetto che mai siano pervenute a me attraverso i sensi, e tuttavia [65] posso dimostrare varie proprietà di esse, non meno che del triangolo; ed esse sono sicuramente tutte vere, dal momento che posso conoscierle chiaramente, e dunque sono qualcosa, non un puro niente; è evidente, infatti, che tutto ciò che è vero, è qualcosa; ed ho già dimostrato ampiamente che tutte le cose che conosco chiaramente sono vere. Ed anche se non lo avessi dimostrato, la natura della mia mente è sicuramente tale che nondimeno non potrei non assentire ad esse, almeno finché le concepisco chiaramente; e mi ricordo che sempre, anche prima di adesso, qudo ero particolarmente legato agli oggetti dei sensi, ho ritenute come più certe di tutte quelle verità, che conoscevo in maniera evidente, quelle cioè relative alle figure, ai numeri e ad altri aspetti riguardanti l'aritmetica, la geometria, o in genere la pura e astratta Mathesis. 7. E già se da questo solo fatto che posso trarre fuori dal mio pensiero l'idea di qualche cosa, ne consegue che tutto ciò che percepisco in maniera chiara e distinta come propria di quella cosa, realmente le appartiene, da ciò non si può forse trarre anche la prova dell'esistenza di Dio? Certo trovo in me l'idea di lui, cioè di un ente sommamente perfetto, non meno che l'idea di qualsiasi figura o numero; e non comprendo meno chiaramente e distintamente che l'esistenza eterna è propria della sua natura, di come che ciò che dimostro di qualche figura o numero riguarda anche la natura di tale figura o numero; e dunque, sebbene non tutte le cose, che in questi giorni passati ho meditato, risultassero vere, almeno l'esistenza di Dio dovrebbe essere presso di me nello stesso grado di certezza, [66] nel quale sono state fino ad ora le verità della matematica. 8. Sebbene certo questa convinzione ad un primo esame non sia assolutamente chiara, ma prenda l'aspetto di un sofisma. Poiché infatti sono abituato in tutte le altre cose a distinguere l'esistenza dall'essenza, facilmente mi persuado che l'esistenza può essere tenuta distinta anche dall'essenza di Dio, e così si può pensare a Dio come non esistente. Tuttavia a chi consideri più attentamente è chiaro che l'esistenza non si può separare dall'essenza di Dio, più di quanto dall'essenza del triangolo si possa separare il fatto che la grandezza dei suoi tre angoli sia equivalente a due angoli retti, o dall'idea del monte si possa separare l'idea della valle: cosicché non c'è maggior contraddizione nel pensare Dio (cioè un ente sommamente perfetto — senza l'esistenza — privo cioè di una qualche perfezione) che nel pensare ad un monte al quale manchi la valle. 9. Tuttavia non potrei nemmeno pensare Dio che come esistente, come non posso neppure pensare un monte senza valle, ma certo, come dal fatto che pensi un monte con una valle, non ne consegue che nel mondo ci sia qualche monte, così neppure dal fatto che pensi Dio come esistente ne consegue perciò che Dio esista: infatti il mio pensiero non impone nessuna necessità alla realtà; ed al modo in cui è possibile immaginare un cavallo alato, anche se nessun cavallo ha le ali, così forse posso immaginare l'esistenza di Dio, anche se non esiste alcun Dio. 10. Anzi in questo si nasconde un sofisma; infatti per il fatto che non posso pensare ad un monte se non unito ad una valle, non ne consegue che in qualche luogo esistano un monte e una valle, ma soltanto [67] che il monte e la valle, sia che esistano, sia che non esistano, non possono essere reciprocamente disgiunti. Ma per il fatto che non posso pensare Dio se non esistente, ne consegue che l'esistenza non è separabile da Dio, e che egli quindi realmente esiste; non perché il mio pensiero provochi ciò, o imponga una qualche necessità ad alcuna cosa, ma al contrario perché la necessità della cosa stessa, cioè dell'esistenza di Dio, mi determina a pensarlo; ed infatti non dipende dal mio arbitrio il poter pensare Dio — cioè un ente sommamente perfetto senza la somma perfezione — senza esistenza, come è in mio potere immaginare un cavallo con le ali o senza ali. 11. E neanche qui si deve dire che è necessario supporre Dio come esistente, dopo che ho supposto che egli ha tutte le perfezioni, dal momento che l'esistenza è una di esse, ma che la prima supposizione non era necessaria ; come non è necessario neppure che io pensi che tutte le figure quadrilatere si inscrivano in un cerchio, ma posto che pensi questo, sarà necessario che ammetta che il rombo si può iscrivere nel cerchio, cosa che tuttavia evidentemente è falsa. Infatti, sebbene non sia necessario che mai mi dedichi a qualche pensiero riguardo a Dio, ogni qual volta tuttavia mi piace pensare all'ente primo e sommo, e far scaturire l'idea di lui come dallo scrigno della mia mente, è necessario che gli attribuisca tutte le perfezioni, anche se non le enumero tutte, e non le penso singolarmente: e questa necessità sicuramente basta perché poi, quando mi rendo conto che l'esistenza è perfezione, concluda giustamente che l'ente sommo e primo esiste; alla stessa maniera in cui non è necessario che io immagini veramente un triangolo, ma ogni qual volta voglio considerare una figura piana che abbia soltanto tre angoli, è necessario che le attribuisca le qualità [68] in base alle quali si deduce giustamente che i suoi tre angoli non sono maggiori di due retti; anche se al momento non considero in particolare questa proprietà. Quando poi esamino quali figure si inscrivano nel cerchio, in nessun modo è necessario che pensi che tutti i quadrilateri rientrino in esse; anzi addirittura questo nemmeno lo posso immaginare, fintantoché almeno non voglio ammettere nulla oltre a quello che comprendo in modo chiaro e distinto. Inoltre c'è una grande differenza tra le false convinzioni di tal genere e le idee vere che sono innate in me, delle quali la prima e la più importante è l'idea di Dio. Infatti certo, in molti modi, comprendo che essa non è qualcosa di fittizio che dipende dal mio pensiero, ma l'immagine di una vera ed immutabile natura; in primo luogo, perché nessuna altra cosa può essere pensata da me, alla cui essenza sia collegata l'esistenza, al di fuori del solo Dio; quindi, perché non posso ammettere l'esistenza di due o più dèi di tal genere e perché, posto che già uno esista, vedo chiaramente che è necessario che sia esistito sin dall'eternità, e che rimanga in eterno; ed infine perché conosco molte altre qualità in Dio, che non posso né sottrarre né mutare. 12. Ma poi, di qualunque ragionamento mi serva per dimostrare, si torna sempre a questo, che mi persuadono del tutto soltanto quelle cose che intuisco in maniera chiara e distinta. Tra le cose che poi così concepisco ve ne sono alcune ovvie per chiunque, ma le altre invero che sono manifeste solo a quelli che osservano più da vicino ed investigano più diligentemente; tuttavia, dopo che sono state scoperte, non vengono ritenute meno certe di quelle. Come, sebbene nel triangolo rettangolo non appaia così facilmente che [69] il quadrato della base è equivalente al quadrato degli altri lati, quanto che la stessa base è sottesa all'angolo maggiore, tuttavia questa proprietà, una volta che è stata provata, non viene creduta meno valida . Per quanto poi riguarda Dio, certamente se non cadessi nei pregiudizi e le immagini delle cose sensibili non assediassero da ogni parte il mio pensiero, non conoscerei niente prima o in modo più facile di lui; infatti che cosa è più evidente di per se stesso che c'è un sommo ente, cioè che esiste Dio, alla cui sola essenza appartiene l'esistenza? 13. Eppure, sebbene mi sia stata necessaria per comprendere una attenta considerazione, ora tuttavia non solo sono certo di ciò come di ogni altra cosa che sembri certissima, ma inoltre capisco anche che la certezza di tutto il resto dipende , cosicché senza Dio null'altro mai può essere compreso perfettamente. 14. Sebbene infatti io sia di una tale natura che, quando comprendo qualcosa in maniera assai chiara e distinta, non posso non credere che sia vero, poiché tuttavia sono di tale natura che non posso fissare l'acutezza della mia mente sempre nello stesso oggetto per comprenderlo chiaramente, e spesso mi soccorra la memoria di un giudizio espresso precedentemente, può verificarsi che, quando non mi applico maggiormente ai motivi razionali per i quali ho espresso un tale giudizio, possono presentarsi altri motivi che, se non conoscessi Dio, facilmente mi farebbero cambiare opinione, e così non avrei mai riguardo ad alcuna cosa una scienza vera e certa, ma soltanto delle opinioni vaghe e mutevoli. Così, ad esempio, quando considero la natura del triangolo, dal momento che conosco i principi della geometria, mi appare in maniera evidentissima che i suoi tre angoli sono equivalenti a due retti, e non posso non credere che ciò sia vero, per tutto il tempo [70] che mi dedico alla dimostrazione di ciò; ma non appena ho allontanato l'acutezza della mente da quella dimostrazione, sebbene ancora mi ricordi di averla esaminata in maniera chiarissima, facilmente tuttavia può accadere che io dubiti della sua verità, qualora non conosca effettivamente Dio. Posso infatti persuadermi di essere fatto tale dalla natura, che mi possa sbagliare talvolta su ciò che ritengo di concepire in maniera evidentissima, mentre tuttavia mi ricordo di avere ritenuto molte cose come vere e certe, che, dopo, spinto da altri motivi, ho giudicato false. 15. Ma dopo che ho compreso che Dio esiste, poiché nello stesso tempo ho compreso anche che tutto il resto dipende da lui, e che egli non inganna; e quindi da questo ho giudicato che tutte quelle cose, che comprendo in maniera chiara e distinta, sono vere necessariamente; anche se non mi applico più oltre alle ragioni per le quali ho giudicato vero ciò, è sufficiente che mi ricordi soltanto di averle comprese in maniera chiara e distinta, perché non possa essere portata nessuna ragione contraria, che mi spinga a dubitare, ma ne ho una scienza certa e vera. E non soltanto di questo, ma di tutte le cose che mi sono ricordato di aver dimostrato un tempo, come dei principi geometrici e simili. Che cosa dunque ora mi si può portare in contrario? Che io sono fatto in maniera tale che spesso mi inganno? Ma so già che non posso essere ingannato in quello che comprendo in maniera chiara. che io abbia ritenuto in un altro momento come vere e sicure molte cose, che poi mi sono accorto essere false? Eppure non avevo concepito nessuna tra queste in maniera chiara e distinta, ma ignaro di questa regola attraverso la quale raggiungere la verità le avevo credute per altri motivi, che poi ho scoperto essere meno certi. Che cosa si dirà dunque? Forse (obiezione che poco fa ho fatto a me stesso) che può darsi che sogni, oppure tutte quelle cose, che ora penso, non siano più vere di quelle che si presentano a chi dorme? Eppure anche questo non cambia niente: è certo infatti che [71], anche se sognassi, quel che è evidente al mio intelletto, è senz'altro vero. 16. Così vedo con tale sicurezza che la certezza e la verità di ogni scienza dipende dalla sola conoscenza del vero Dio, che, prima di conoscerlo, non avrei potuto avere cognizioni sicure di nessun'altra cosa. Ma già mi possono essere chiaramente noti e certi innumerevoli altri principi, sia riguardo proprio a Dio e ad altre realtà intellettuali, sia anche riguardo a tutta quella natura corporea, che è l'oggetto della pura Mathesis.
Argomenti simili
» IV MEDITAZIONE (a)
» IV MEDITAZIONE (b)
» VI MEDITAZIONE (a)
» VI MEDITAZIONE (b)
» VI MEDITAZIONE (c)
» IV MEDITAZIONE (b)
» VI MEDITAZIONE (a)
» VI MEDITAZIONE (b)
» VI MEDITAZIONE (c)
Caffè Filosofico :: Filosofia :: I classici della filosofia :: Descartes. Le Meditazioni metafisiche.
Pagina 1 di 1
Permessi in questa sezione del forum:
Non puoi rispondere agli argomenti in questo forum.